Penso all’allenamento di Leonardo e Sono le 18.00, ora Italiana.

E’ passata una settimana dalla competizione di Vartry, una competizione che ha dato tanto, ma, almeno per questa volta, non la medaglia di Finisher.

Ma come può una gara dare così tanto anche quando non la si finisce? Risulta necessario focalizzarsi sull’obiettivo e sulla capacità di perseguirlo. Nei giorni precedenti alla Gara parlavo con Leonardo sul come affrontare le 100 miglia. Stranamente avevamo lo stesso approccio e vedevamo la competizione come una sorta di Allenamento.

L’obiettivo era di finirla, ma soprattutto coglievamo la necessità di studiare, comprendere e affinare le dinamiche di una competizione che imponeva di affrontare così tanti chilometri, in un paese straniero. Questo approccio ha reso leggermente più facile il compito alla resilienza. Citando Trabucchi (‘Resisto, dunque sono’)
“l’individuo resiliente presenta una serie di caratteristiche psicologiche inconfondibili: è un ottimista e tende a «leggere» gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come un’opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni è capace di non perdere comunque la speranza”, possiamo dire che ogni competizione, ogni allenamento, ogni sconfitta può portare l’uomo ad affrontare la gara successiva con un bagaglio in più.

Onestamente, è piuttosto facile pensare che l’uomo possa imparare di più dagli errori che dalle vittorie; il difficile è metterlo in pratica. Difficile è superare quella crisi che si presenta quando le cose vanno storte. E’ necessario fare una scelta. Leonardo quella scelta l’ha fatta per ben due volte: la prima decidendo lo stile con cui affrontare la gara, e questo gli ha permesso di abbassare leggermente l’ansia da prestazione; la seconda dopo essere rientrato al punto di partenza infreddolito, con 10 km sulle gambe che però non sarebbero stati conteggiati e una penalità da scontare. Al telefono la seconda affermazione fatta è stata: “Mancano 24 ore, cosa ne dici se provassimo a finirla”.

Una situazione che ha saputo ristrutturare e che ha affrontato.

Nel pomeriggio, al 121° km, quando ci siamo sentiti nuovamente, mi ha comunicato la decisione di fermarsi. Si percepiva che era una scelta sofferta, ma allo stesso tempo ponderata e costruita. Non è stata la disperazione, la depressione o qualche situazione fisica in particolare a farlo fermare, ma la soddisfazione di aver concluso tre maratone in meno di 24 ore, dopo aver superato le difficoltà ella sera prima e soprattutto un’attenta valutazione fisico, emotiva e mentale della situazione.

Un buon allenamento, quindi.

Una vittoria personale.

Ammettiamolo  un’atleta professionista avrebbe dovuto superare qualche ostacolo in più, ma non possiamo ignorare che, nel nostro caso, l’approccio mentale ha permesso di sfruttare al meglio quella resilienza che caratterizza Leonardo, resilienza che pian piano ha riconosciuto, si è costruito e sulla quale continua a lavorare.

Maurizio S.