Pedagogia e Sport

Sono Felice… cit.

È da questo bellissimo messaggio che mi rendo conto di avere tra gli amici persone resilienti e questo mi rende felice. Sì, perché spesso si confonde la resistenza con la resilienza, il dover fare ad ogni costo ciò che si pensa sia giusto secondo gli obiettivi iniziali.

Obiettivi iniziali

Quando si individuano degli obiettivi è necessario mettere in campo tutte le proprie forze per raggiungerli. Già, ma fino a che punto?

Sono gli obiettivi che ci portano lontano, ma è necessario essere in grado di rivalutarli in base alla situazione, a ciò che ci accade personalmente e a ciò che accade attorno.

Gli eventi e le circostanze impongono di ricalibrare costantemente gli obiettivi.

Può essere un infortunio o, più semplicemente, un impegno famigliare o un’emergenza. Ed è proprio la situazione mutevole che permette a chi ha allenato la resilienza, a chi ha sviluppato la capacità di reagire, di sfruttare la situazione e non di esserne travolto.

Resilienza deriva dalla parola RESALIO.

“Resilienza: L’arte di risalire sulla barca rovesciata. Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra e senza perdere mai la speranza continuano a lottare contro le avversità.” (cit. Pietro Trabucchi)

Allenamento e resilienza

Certo non è facile. Reclusi tra quattro mura, chi è più fortunato ha un giardino o un lungo corridoio risulta difficile pensare e riprogrammare una nuova tipologia di allenamento.

Ristrutturare nella propria mente un nuovo allenamento non è semplice, soprattutto per chi è abituato a scorrazzare tra i sentieri delle amate montagne ma anche lungo gli argini dei fiumi o tra le mura della propria città. Ma la corsa non è solo corsa.

Mi fa piacere leggere sui blog di alcuni runner che stimo, come ad esempio Stefano Ruzza, che, di fronte alla situazione, non hanno cominciato a lagnarsi o inveire contro la situazione stessa ma a costruire valide e solide alternative.

Corsa non è solo corsa

Ho spesso detto che chi inizia a correre, spesso, lo fa perché sta scappando o inseguendo qualcosa/qualcuno e solo facendo i conti con questa realtà.

In questo periodo, quindi è forse utile dedicare più tempo a “tutto il resto” che può essere l’allenamento funzionale, lo sviluppo di esercizi che possano migliorare la nostra performance e soprattutto tutto quello che rende piacevole la nostra esistenza: famiglia, affetti, hobbies e…

…sano divertimento.

Maurizio S.

2022-02-24T16:17:51+01:007 Aprile 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

Corsa, Allenamento e Frustrazione

Testa, Cuore, Pancia e Gambe

Quando cerco di spiegare che per raggiungere il benessere bisogna riuscire a bilanciare queste quattro sfere, esprimo il cuore del mio Metodo di Lavoro.

In questi giorni il nostro pianeta è stato “invaso” da un virus che si diffonde ad una velocità che metterebbe in difficioltà anche Kipchoge e risulta necessario mettere in atto molte precauzioni.

Ritengo che si stia facendo tanto per contrastare questo virus, soprattutto in campo sanitario, ma penso anche che si possa fare uno sforzo ulteriore.

Correre Si, Correre No

Dal mio punto di vista ho sconsigliato vivamente ai miei atleti di fare attività fisica esterna.

Sui social si possono osservare le varie discussioni tra chi sostiene che, in questo momento, NON E’ NECESSARIO uscire a fare attività fisica e chi, invece, sostiene che E’ UNA BUONA PRATICA per stare meglio e quindi combattere il virus.

Di fatto la Normativa, fino a venerdì scorso, prevedeva la possibilità di svolgere attività fisica rispettando alcune condizioni ma allo stesso tempo invitava le persone ad uscire e muoversi solo per comprovata necessità.

Quindi?

Credo sia importante fare un approfondimento. Per quanto sia vero che la normativa permetta di svolgere attività fisica, ritengo importante riconoscere che “correre è una situazione a rischio”.

Vero è che si può far male anche in casa (e l’esperienza personale insegna, fidatevi), ma non arrampichiamoci sui vetri e riconosciamolo.

Vale la pena protrarre delle situazioni a rischio?

Risponderei a questi interrogativi rigirando la domanda:

non si riesce proprio a fermare la propria attività fisica per 10 o 20 giorni?

Eccoci al senso del titolo.

Corsa, allenamento e frustrazione. Cos’è la frustrazione?

E’ il mancato appagamento o soddisfacimento e in psicologia è uno stato psichico di profonda depressione o di sconfitta, che insorge di fronte a difficoltà sentite come insormontabili.

E’ piuttosto noto che è nella frustrazione che si cresce, si evolve, ma ciò avviene solo quando si riesce a gestirla.

L’aragosta può insegnarcelo, leggi l’articolo QUI.

Con Jennifer Isella si è arrivati a parlare anche di dipendenza ma penso sia ‘semplicemente’ incapacità di gestire la frustrazione. E ciò mi sorprende molto.

Cosa allenate quando correte?

Ritengo che la corsa, nello specifico la corsa in montagna e in natura, siano un ottimo strumento per allenare la testa. Fatica, ostacoli e determinazione sono costantemente messi in campo. Tabelle, intemperie e STOP dovrebbero essere all’ordine del giorno. E allora perchè questa difficoltà?

Vediamo quali potrebbero essere i motivi di questa difficoltà.

In un post mi sono anche chiesto quale è l’obiettivo degli allenamenti svolti:

allenare solo le gambe o anche la testa?

Evidentemente è un grosso ostacolo da superare.

Evidentemente è un traguardo ancora da raggiungere.

Uno sforzo dettato da un atto di prudenza eccessiva per diminuire le situazioni di rischio.

Eccessiva prudenza. Lo riconosco ma è uno sforzo così alto? Dal mio punto di vista è un piccolo sforzo per un grande motivo. La collettività. Il mondo del Trail è fondato sulla coesione e sulla condivisione, tuttavia in questa situazione questi valori sono venuti un po’ meno.

Tutto questo può essere allenante?

SI. perchè oggi è il CORONAVIRUS, domani è uno strappo e dopodomani potrebbe essere uno stiramento. Se davvero non riuscite a rinunciare per un breve periodo ad un po’ di attività fisica, potrebbe essere utile lavorare e quindi allenarsi per migliorare il proprio approccio all’attività e le proprie prestazioni.  Forse quell’equilibrio di cui si parlava sopra è un traguardo ancora da raggiungere.

Saper ristrutturare gli allenamenti, fare dell’attività alternativa può essere molto utile. Certo non altrettanto bella, ma sicuramente funzionale.

A voi la scelta, quella di seguire alla lettera una normativa (che molto spesso denigrate) oppure fare uno sforzo in più, per il vostro allenamento e per gli altri.

Maurizio S.

2022-02-24T16:17:59+01:0015 Marzo 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

MTN Racer, Anima Infernale

MTN Racer, una Ferrari che sa essere un Pandino 4×4.

Una definizione che potrebbe svelare nell’immediato le caratteristiche di questa scarpa che è in grado di adattarsi alle vostre esigenze. Discorrendo con un amico spiegavo come queste scarpe riescono a gestire serenamente un’andatura medio lenta, ma danno il meglio di sé se portate al limite. Testate sui terreni tecnici del San Fermo Trail hanno saputo gestire una discesa a cannone e laddove la tecnica di corsa non arrivava (grazie alla stanchezza) ci pensavano loro a restare incollate al terreno.

Su quest’ultima frase ci torneremo in un prossimo articolo, che sarà raggiungibile a breve QUI.

Proviamo ad approfondire ciò che ho scritto.

Caratteristiche Tecniche

La nuovissima Mountain Racer ha un’altezza di 30×25 mm. Otteniamo, quindi, un drop di 5mm che risulta essere uno dei più alti per la casa TopoAthletic. Il plantare Ortholite antimicrobico da 5 mm resistente alla compressione aumenta il comfort della scarpa.

Altezza da terra: 30 mm

Differenziale tacco / punta: 5 mm

Peso: 264 g

Ammortizzazione: alta

Supporto: Piuttosto stabile

Pieghevolezza: abbastanza rigida

Suola

Il design esclusivo della suola Vibram MegaGrip garantisce una trazione ottimale su qualsiasi superficie. Se già la mescola garantisce un’ottima tenuta, il disegno con ampi spazi tra i “tasselli” permette di aggrapparsi a qualsiasi tipo di terreno.

Sperimentata, oltre che al San Fermo Trail, in altre situazioni in cui il terreno presentava rocce bagnate. Serenità e precisione hanno accompagnato ogni mio passo. Con queste scarpe potete scegliere: godervi il panorama a ritmi blandi e non vi deluderanno, oppure scatenare la loro anima infernale. In questo secondo caso non potrete deconcentrarvi, richiedono precisione e reattività, ma solo perché raggiungerete i vostri limiti senza metter mai la scarpa in fallo. Un po’ come una Ferrari in pista, lei sa fare il suo lavoro, ma voi dovete gestirla al meglio.

Intersuola

Con una densità leggermente maggiore rispetto a Ultraventure, l’intersuola in EVA iniettata in 3 pezzi è studiata per il trail racing e lo speed-hiking.

Questa struttura vi permette di affrontare anche ultra trail che, a mio avviso, possono arrivare fino a 80-100 km in base all’allenamento che i vostri adorati piedi hanno.

Io ho percorso i 90 km dell’Adamello Ultra Trail e solo nella discesa finale, su pietroni radici e terra cominciavo ad accusare leggeri fastidi alla pianta del piede.

Tomaia e Calzata

La tomaia in mesh rip-stop leggera con rivestimento stampato offre una vestibilità sicura; porte di drenaggio mediale e laterale garantiscono il rilascio dell’acqua e la rapida asciugatura.

Anche qui la protezione è elevata ed i vostri piedi non accuseranno scontri con piccoli sassi e radici. Se poi avete la necessità di fare un bel guado, beh, la rapidità non è quella delle Terraventure2, ma non è fastidioso avere il piede bagnato all’interno di questa scarpa.

L’avampiede è comodo come qualsiasi altro modello Topo e, mi piace ricordarlo, vi costringe a modificare il vostro atterraggio e ad aumentare la consapevolezza del terreno che state calpestando.

Pregi e Difetti

Ho detto che è una scarpa da corsa, ma sa anche accompagnarvi nella più blanda passeggiata.

Ammetto, però che, se non tirate fuori l’anima infernale, ne godrete solo a metà.

Maurizio S.
2022-02-24T16:18:11+01:004 Marzo 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

RUNVENTURE 2

Cosa abbiamo tra i piedi

Runventure2, fin dal primo momento che mi son trovato tra le mani, ops, tra i piedi, queste scarpe ho notato che potevano fare la differenza. La domanda che mi ponevo era: saprò/sapremo gestirle?

La struttura

La tomaia risulta poco strutturata, la leggerezza è impressionante e sicuramente salta all’occhio la parte in tessuto molto fine che si trova attorno al tallone. Quest’ultima, infatti, è priva di conchiglia e di collarino della caviglia: ricordate le Terraventure?.

La scarpa è molto minimal, ma non per questo risulta insufficiente nelle protezioni e nelle sensazioni.

Le scarpe ai piedi.

Beh, una volta messe si sente la differenza. leggerezza, assenza di drop, flessibilità da vendere e soprattutto paiono un paio di calze. È proprio grazie a queste scarpe che ho deciso di provare le scarpe TopoAthletic senza calze, ma questo sarà un altro articolo. Il drop0 deve subito mettere in guardia: non passate da un paio di scarpe con il tacco ad un drop0 seza una graduale transizione, ma se vorrete provarle anche solo per un giorno, godrete di meravigliose sensazioni. La comodità della scarpa è garantita da un collarino interno che, pur leggero, offre una calzata fluida e comoda, l’aderenza del materiale è piacevole e quasi morbido, molto leggera e soprattutto permette un piede arieggiato. Questo, probabilmente, permetterà anche una maggior dispersione di acqua in caso di guadi. (non mi dite che non prendete in considerazione questo aspetto?!?) La parte dell’avampiede è, come qualsiasi modello prodotto di TopoAthletic, largo e comodo, pur sostenendo il piede e contenendolo a sufficienza.

Corsa Naturale

Ciò che queste scarpe permettono è una corsa naturale, strettamente a contatto con il terreno sottostante, quasi una sensazione di essere a piedi nudi. Sottolineo “quasi”. Tutto ciò che sta sotto il piede si percepisce. Sassi, radici, avvallamenti e quanto altro, ma è una piacevole percezione, non un qualcosa che si subisce. Affrontare una trai con le runventure2 non è per tutti. Lo stretto contatto con la natura e con quanto ci restituisce non si può scegliere da un giorno all’altro. Scusate se lo ripeto, ma non vendo sogni. Nonostante questo ‘limite’ perfettamente superabile da chiunque con un po’ di impegno, le runventure2 permettono una corsa agile e veloce, con una reattività che ho incontrato in pochi modelli. Con un po’ di esperienza si impara anche a leggere tutte le informazioni che ci vengono restituite. Suggerisco spesso di ascoltare il proprio corpo, ma mi rendo conto che troppo spesso non sottolineo che, durante la corsa, i piedi hanno tanto da ‘raccontarci’. Le runventure2 sono la versione trail delle St2. Onestamente ritengo che con una buona tecnica di corsa si possano affrontare trail che possano raggiungere i 50 km.

Le caratteristiche tecniche

Pregi, ne ho descritti fin troppi, ma ho trovato un paio di difetti: altrimenti che ci sto a fare. Onestamente, come su altri modelli, TopoAhletic potrebbe migliorare le stringhe. Ogni tanto si slacciano e mentre ti stai divertendo su una discesa tecnica è noioso doversi fermare per chiudere la scarpa. Anche solo una volta su 10! Il secondo, è che pur garantendo un ottimo Grip, avere il Vibram sotto queste meravigliose scarpe le renderebbero PERFETTE! Lo vedremo sul modello 3??

Pregi e Difetti

Pregi, ne ho descritti fin troppi ma come si sa, nessuno è perfetto ed ecco un difetto particolarmente significativo di questo modello.

La struttura della retina risulta molto fragile e. considerando che sono scarpe da Trail, non si usano di certo sul lungo mare e, sassi, rami, pietre e radici rischiano di ridurre le vostre Terraventure2 ad una groviera.

Onestamente non mi influenza più di tanto, ma non è sicuramente piacevole che durante la corsa entrino sabbia e sassolini che infastidiscono la vostra pianta del piede. La traspirazione che questa scarpa permette non vale la fragilità di questa tomaia. Sicuramente un punto debole da sistemare.

Nel frattempo continuo ad usarle e le vedremo all’opera durante la 24h del Monte Prealba Trail organizzata dal Bione Trail Team

2022-02-24T16:18:32+01:0022 Febbraio 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

Terraventure 2

Finalmente l’occhio ha ottenuto la sua parte.

Se avete provato il modello precedente avrete avuto una piacevole percezione di come mordesse il terreno e di come poteva macinare innumerevoli chilometri cullando il vostro piede. Ma, onestamente, l’occhio non risultava appagato. Si sa, per quanto siamo uomini e donne che inneggiamo alla natura, quando scegliamo delle scarpe vogliamo che siano ‘anche’ belle.

E facciamo bene. immaginate la situazione in cui, dopo un lungo trail da qualche decina di chilometri nel fango e nella terra, arrivate al traguardo più sporchi di Peppa Pig dopo aver giocato nel fango e loro, queste meravigliose scarpe, troneggiano con i loro colori.

 Comodità, Reattività, Precisione e Grip.

La comodità è d’obbligo, ma non bisogna permettere che vengano meno reattività, precisione e soprattutto Grip.

Questo è quanto richiediamo ad un paio di scarpe da trail.

E mi pare sevdro ma giusto!

Il modello precedente presentava già questa caratteristica ma la sensazione  che restituiva poteva essere migliorata.

Così e stato: un’intersuola in EVA iniettata a due densità con un drop di 3mm rende questa scarpa agile su qualsiasi tipo di terreno, molto sensibile e aggiungendo un pizzico di stabilità.

Il vibram la rende una scarpa da fango, o da neve e va alla grande su un qualsiasi tipo di terreno asciutto, garantito!

La forma della gomma, la tacchettatura, le permette di mordere il terreno anche più viscido ed il vibram fa il resto, per quel che può lui.

Come sempre, quando c’è troppa neve o fango, i ramponcini la fanno da padrone.

La struttura dell’interno della scarpa e la nuova soletta introdotta da TopoAthletic fanno la differenza.

“Powered by Ortholite in high rebound foam” è quanto scritto sulla soletta di 5 mm e garantiscono un’ottima comodità.

Tomaia

La tomaia è protetta da alcuni layer sintetici pur risultano molto traspirante e drenante ed il rivestimento protettivo posto in punta è molto funzionale su terreni sassosi.

Sperimentate durante i 72 km con 4400mt di D+ de “le porte di pietra” senza calze in mezzo a fango e tempesta. Direi che non avere nemmeno un segnetto sui miei piedini da fata sono un ottimo riscontro.

Il contrafforte tallonare è molto flessibile pur presentando una piccola conchiglia che le fornisce un po’ di struttura.

La Corsa

Il drop limitato la rende perfettamente idonea alla corsa naturale, ma di fatto concede la possibilità della rullata. Potrebbe, quindi, essere ideale se state affrontando una transizione ma anche se decidete di non continuare a correre con la vostra tecnica.

Onestamente, quest’ultima non è una strada che consiglio, ma non per le scarpe, ma per ciò che la corsa naturale può concedervi.

L’intersuola

L’intersuola della Terraventure2 è molto reattiva e quindi adatta anche a terreni tecnici grazie ai due tipi di gomma che la costituiscono. Una placca anti intrusione, flessibile e robusta, protegge il vostro piede da un fondo troppo tortuoso ma permette anche un sostegno alla nostra spinta.

Le caratteristiche tecniche

PESO: 306 g (taglia 9 M) – 232 g (taglia 7 W)

DROP: 3 mm

ALTEZZA DA TERRA: 25 mm X 22 mm

PREZZO CONSIGLIATO: € 160

Pregi e Difetti

Pregi, ne ho descritti fin troppi ma come si sa, nessuno è perfetto ed ecco un difetto particolarmente significativo di questo modello.

La struttura della retina risulta molto fragile e. considerando che sono scarpe da Trail, non si usano di certo sul lungo mare e, sassi, rami, pietre e radici rischiano di ridurre le vostre Terraventure2 ad una groviera.

Onestamente non mi influenza più di tanto, ma non è sicuramente piacevole che durante la corsa entrino sabbia e sassolini che infastidiscono la vostra pianta del piede. La traspirazione che questa scarpa permette non vale la fragilità di questa tomaia. Sicuramente un punto debole da sistemare.

Nel frattempo continuo ad usarle e le vedremo all’opera durante la 24h del Monte Prealba Trail organizzata dal Bione Trail Team

2022-02-24T16:19:56+01:0022 Febbraio 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

Gli schiacciatori non parlano dell’alzata la risolvono

Partendo da questa affermazione di Julio Velasco*, che proprio oggi ricorre il giorno in cui festeggia 68 anni, si può ricercare, probabilmente, lo sforzo che ciascuno di noi è chiamato a fare per decidere di smettere di trovare colpevoli e ricercare soluzioni. Quindi, quello che coinvolge il concetto di Problem Solving e Resilienza.

Una Cascata inutile che non porta a nulla.

Di fatto un’alzata può essere fatta bene o male ma, in quel momento, stare a contestare o a criticare l’azione svolta sarebbe troppo vano. L’azione si svolge in un paio di secondi, quando se la prendono comoda. Con un lasso di tempo così limitato, sarebbe tremendamente inutile ragionare su quanto sta accadendo in quel preciso istante. Velasco descrive, sorridendo, cosa succede quando lo schiacciatore “si lamenta” dell’alzata fatta male: una serie di rimbalzi di colpe passano dall’alzatore, al ricevitore ed infine ‘all’avversario’. Una cascata inutile e che non porta a nulla.

È proprio in questo momento che, non per disinteresse o perché si pensa che non ci possa essere una soluzione, entra in gioco il problem solving rapidissimo. L’azione può andare bene o non andare a segno. Ma non è questo il punto. Il punto su cui ci si focalizza è l’obiettivo finale. In quel momento è importante trovare il modo migliore per schiacciare la palla. In seguito, in base all’esito dell’azione, lo schiacciatore comprende come schiacciare palle che fino a quel momento non è mai riuscito a schiacciare, oppure come può fare meglio nel caso sia andata comunque a segno.

Dove sta la resilienza?

Forse la risposta è troppo semplice o forse no. Di fatto sta proprio nel portare avanti l’azione. Nel risolvere, appunto, la schiacciata. Per lo meno provarci al meglio e, nonostante il fallimento non accanirsi con il compagno e demoralizzarsi, ma costruire un’azione più efficace.

Un obiettivo conune

L’obiettivo comune di fare un punto per raggiungere la vittoria promuove un problem solving rapido ed efficace. Ed è questo che deve spingere i giocatori ad ‘andare avanti’, a trovare soluzioni.

Cosa c’entra con la vita comune o la corsa?

Mi piace pensare che l’attività sportiva sia una metafora stimolante e significativa di quanto ci succede nella vita. Quotidianamente incontriamo un sacco di palleggiatori che ‘ciccano’ l’alzata, o meglio, non la svolgono come secondo noi sarebbe al meglio e noi dobbiamo fare una scelta: lamentarci con essi o risolvere il problema e ripartire, cercando di condividere con chi mi sta attorno come si potrebbe svolgere al meglio l’azione. In questo modo mi gioco subito una possibilità di raggiungere l’obiettivo, cosa che non si potrebbe raggiunge senza provare, comunque, a schiacciare la palla perché alzata male, o restando a lamentarsi della situazione.

Quindi a voi la scelta.

Nella Vita, fate come gli schiacciatori di Velasco oppure no?

Maurizio S.

*Julio Velasco (La Plata, 9 Febbraio 1952) è un allenatore di pallavolo e dirigente sportivo argentino, attuale direttore tecnico del settore giovanile della FIPAV

2022-02-24T16:20:16+01:009 Febbraio 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

Che Lavoro Fai?

“Ciao, che lavoro fai?”

“Ciao, sono un pedagogista”

“Che bello! Lavori con i bambini allora!?!”

“Ehm, si ecco. Anche.

Diciamo che i ‘bambini’ con cui lavoro hanno un’età compresa tra 0 e 105 anni”.

Questo è il solito teatrino che si presenta quando dico che sono un pedagogista. In particolare, un pedagogista sportivo.

Una figura probabilmente poco conosciuta, forse fraintesa e spesso scambiata con quella dello psicologo sportivo. Ma quindi, chi è il pedagogista sportivo? Cosa fa?

Per maggiore chiarezza, prima definiremo qual è il ruolo e quali sono le competenze del pedagogista, poi approfondiremo quali le competenze specifiche messe in atto in ambito sportivo.

Il Pedagogista è “il professionista che conosce la realtà educativa, la ricostruisce razionalmente, la pianifica a partire da diagnosi pedagogiche accurate dei bisogni e propone opzioni epistemologiche, metodologiche e tecniche idonee e tali da rendere possibili processi di autonomia tali da rendere possibili processi di autonomia ed una assunzione di decisioni individuali e collettive”[1].

Essere Pedagogisti presuppone una gestione autonoma del proprio sapere. Questo comporta una costante rielaborazione delle informazioni rispetto a situazioni nuove e un costante confronto con una realtà lavorativa che sollecita l’acquisizione di nuovi saperi.  Praticamente un continuo.

Sulla base di quanto detto, il pedagogista è lo specialista dei processi educativi e della formazione che svolge un’attività didattica, di sperimentazione e di ricerca nello specifico ambito professionale scelto per l’intervento.

E tutto questo come può essere applicato all’ambito sportivo?

[1] Definizione tratta da www.anpe.it Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani

L’intervento del pedagogista sportivo può essere rivolto a squadre o a singoli atleti.

Abbiamo detto che i ‘bambini’ che seguo hanno un’età che va dagli 0 ai 105 anni, quindi se pensiamo allo sviluppo del bambino e proviamo a pensare al carattere, possiamo definirlo come l’organizzazione stabile e consapevole delle attività psichiche intorno al nucleo affettivo, intellettivo e volitivo. Esso ha senza dubbio una migliore o peggiore formazione all’interno dell’animo degli individui a seconda delle caratteristiche genetiche proprie di ognuno, ma può essere migliorato attraverso il processo educativo

 E qui, si è vero, sto parlando di bambini, lo sport, è parte di questo processo educativo ed il pedagogista entra in questo ambito come facilitare, promotore di relazione, nella creazione di un ambiente positivo che possa sostenere questo processo.

Il ruolo dello Sport

Lo sport assume un ruolo importante che è quello di influenzare la formazione del carattere dell’individuo e riesce a promuoverlo grazie all’esercizio del dominio del proprio corpo, nella resistenza alla fatica causata da uno sforzo.

L’esercizio del dominio del corpo è tale da condurre l’individuo ad un controllo delle passioni, intese come stadi affettivi prolungati, non sempre anormali, in relazione diretta con gli istinti, dominate da un motivo fisso e soverchiante che può essere l’amore, l’avarizia o altro. Il dominio delle passioni coincide con la virtù, e se proviamo a fare un ulteriore passo possiamo dire che, quindi, coincide col Giusto.

La Pedagogia inserita nel panorama sportivo offre un programma di intervento scientifico attraverso: percorsi di formazione allo staff tecnico in cui si analizza lo sviluppo psicofisico del minore per conoscerne la personalità e gli atteggiamenti all’interno del gruppo; percorsi di preparazione mentale dell’atleta e dell’allenatore; coordinamento tra i soggetti sportivi coinvolti nelle Società sportive; colloqui individuali o di gruppo con l’atleta e con gli allenatori.

In un contesto sportivo, quindi, è auspicabile che all’interno del sistema squadra possa essere presente la figura professionale del pedagogista in un rapporto di collaborazione con lo staff tecnico. Questo potrebbe garantire un’analisi globale della situazione sportiva e personale dell’atleta.

Il Bambino e la squadra

Ok, ma il bambino cresce, diventa fanciullo, adolescente (e rompe le scatole, direte voi) e poi diventa adulto… in questa metafora vivente, poco metafora e molto vivente, qual è il ruolo che assume il pedagogista?

Il contesto di una squadra, costituita da bambini o adulti, ha la necessità di godere di un ambiente positivo per permettere agli sportivi di godere dell’attività svolta e questo genererà contribuirà a migliorare decisamente le prestazioni dei singoli e quindi della squadra. Si parla di Passioni, Emozioni, Sentimenti e di Scelte. Forse, troppo spesso ce ne dimentichiamo. E quindi, anche per gli adulti il pedagogista lavorerà con gli stessi obiettivi elencati poco fa.

Poco fa, dicevamo che tra i compiti del pedagogista rientra anche quello di progettare “Percorsi di preparazione mentale dell’atleta”, quindi strettamente rivolto ad un singolo, che sia parte di un gruppo o meno. La ragione più comune che porta allenatori, atleti professionisti o semplici amatori a richiedere una consulenza è quella di migliorare la propria prestazione sportiva. La prestazione può essere incrementata attraverso l’applicazione di programmi centrati al perfezionamento della concentrazione, alla costruzione di strategie mentali efficaci finalizzate al problem solving, ovvero la capacità di pensare e concretizzare azioni per risolvere le problematiche comparse; alla capacità di risollevarsi in seguito ad una sconfitta (quella che può essere definita Resilienza).

Sviluppare questi sistemi permette all’atleta di mettersi in condizioni ottimali nel pre-gara consentendo di sfruttare al meglio le proprie competenze.

Si parla anche di ‘ansia da prestazione’ o ‘stress agonistico’. Questo deriva dalle aspettative del singolo e dell’ambiente circostante: imparare a conoscere le proprie reazioni in queste situazioni e a sviluppare al meglio le capacità di gestire questi momenti di tensione contribuisce a migliorare il risultato finale.

Che sia una squadra o un singolo atleta, che si tratti di un bambino o di un adulto, il pedagogista sportivo ha l’obiettivo per creare una condizione ed una consapevolezza ottimale per oltrepassare le proprie difficoltà, avanzare sempre più e superare i propri limiti.

Maurizio S.

2022-02-24T16:20:50+01:006 Gennaio 2020|Categorie: Articoli|Tag: |

ULTRAVENTURE di Topoathletic

Finalmente una scarpa Trail per le lunghe distanze. E già vi ho svelato una delle caratteristiche di questo gioiello.

Caratteristiche tecniche

Il differenziale (drop) della scarpa è di 5mm con altezza da terra di 30mm sul tallone e di 25 mm in punta. L’intersuola in EVA presenta 3 diverse densità per garantire la migliore stabilità nella corsa. La suola aggressiva Vibram® XS Trek fornisce trazione, durata e protezione su percorsi tecnici. La linguetta a soffietto e una tomaia in mesh ingegnerizzata resistente all’abrasione offrono la migliore traspirazione e sono state inserite nella tomaia delle “branchie” di drenaggio per il rilascio dell’acqua e un’asciugatura più rapida. Anche le Ultraventure offrono l’esclusivo attacco per ghetta, perfettamente compatibile con la ghetta Topo Athletic in nylon elasticizzato.

Fashion

In questa sezione siamo consapevoli che anche l’occhio vuole la sua parte e su questo modello ci sarebbe da migliorare un pochino, anche se nel mese di settembre anche in Italia si è aggiunto una nuova colorazione.

Dobbiamo farci centinaia di chilometri, è vero, non andare in centro, ma ammettiamo che quando si arriva al rifugio non ci fa schifo sfoggiare una scarpa un po’ più fashion.

Suola

Nelle caratteristiche tecniche affermavamo che la suola è in Vibram® XS Trek. Un prodotto che offre leggermente meno grip rispetto megagrip, ma che non molla la presa nemmeno sui terreni più impervi. Questo vi permetterà di non finire la suola sul cemento come consumate lo zucchero filato durante una serata in fiera ma di correre tranquilli anche sui terreni più impervi.

Personalmente, arrivando da un trascorso di scialpinismo, ho appreso e sperimentato che con una buona tecnica di corsa la trazione e la sicurezza di atterraggio aumentano considerevolmente anche sui terreni più viscidi.

Cosa si intende? Basta infatti atterrare con il piede vicino alla verticale del proprio corpo per aumentare la forza verticale che si esercita sul terreno aumentando, quindi, l’attrito e di conseguenza il GRIP.

Se avete praticato scialpinismo vi ricorderete quando, affrontando le salite più impervie vi urlavano di stare dritti con il corpo per aumentare la presa delle pelli di foca. Valer lo stesso discorso! Più state verticali e più avrete grip.

Intersuola

L’intersuola in EVA presenta 3 diverse densità per garantire la migliore stabilità nella corsa. È una scarpa che anche dopo decine di chilometri culla il vostro piede e lo mantiene al comodo pur regalandovi stabilità e prontezza nei cambi di direzione anche su terreni abbastanza tecnici.

C’è quindi da evidenziare che è una scarpa pensata per le lunghe distanza, quindi la comodità è d’obbligo. Oltre i 50 km fanno proprio la differenza.

Le tre differenti densità di EVA sono così distribuite:

  1. La struttura dal colore grigio chiaro è molto elastica, presenta una buona capacità ammortizzante e di ritorno dell’energia. Inoltre, la sua elevata flessibilità, favorisce un ottimo controllo del passo da parte del runner.
  2. Un altro tipo di gomma Eva, con una gradazione di grigio un po’ più scuro, è stato inserito nella zona laterale interna. Questa ha una maggiore densità restituendo un comportamento più deciso e fermo rispetto alle altre sezioni.
  3. Mentre corrette rimbalzate sul terreno. Mi piace pensare che la corsa è un insieme di piccoli voli. Lasciatemi sognare. Questo pensiero però credo sia stato fatto anche da Tony Post che ha sviluppato e pensato un modo per rendere più comodo il momento dell’atterraggio del piede con il terreno. Infatti, nella zona d’impatto è stato inserito un cuscinetto di gomma Eva dal colore blu con la caratteristica di essere molto soffice.

Non vi resta che volare e “accarezzare” il terreno.

Calzata

La calzata è la tipica di TopoAthletic.

Presenta la classica forma della tomaia ampia sul puntale che la rende comoda e protegge le dita da eventuali intorpidimento dovuto alla corsa su lunga distanza. Veste come un guanto, caratteristica che si riscontra in tutti gli ultimi modelli sfornati da TopoAthletic, merito anche del plantare Ortholite che accompagna il piede in tutti gli atterraggi del piede che la corsa impone.

La Tomaia avvolge perfettamente il dorso e sostiene eccellentemente nella zona mediale interna risultando comunque leggermente rilassato e compatibile con uno stile di corsa adatto proprio alle ULTRA.

Il tessuto mesh della tomai offre un’ottima areazione del piede pur essendo ben sostenuta e protetta da ampi layer sintetici.

Se osserviamo lateralmente le Ultraventure potremo notare le feritoie laterali, avete un paio di squali ai piedi che permettono un ottimo drenaggio dell’acqua imbarcata. Non preoccupatevi, quindi se dovete affrontare delle pozzanghere o dei veri e propri guadi perché l’acqua non ristagna al di sotto della soletta.

Una conchiglia interna molto piccola e molto flessibile caratterizza il contrafforte tallonare.

Neo da migliorare sono i lacci, molto imbottiti e comodi, sembrano anche saldi e precisi, ma alla lunga e soprattutto dopo ore ed ore sotto l’acqua richiedono un controllo saltuario per regolare la chiusura della scarpa. Certo potrete sfruttare questo bisogno per tirare un po’ il fiato, ma su questo c’è da migliorare.

Maurizio S.

2022-02-24T16:21:11+01:0029 Agosto 2019|Categorie: Articoli|Tag: |

Il Tempo Della Corsa

Il tempo della corsa è come il tempo usato per muovere il cucchiaino nel caffè: serve a far addolcire la vita

Già solo il titolo lo trovo interessante, il resto lo lascio a voi. 

Queste sono le parole che Giulia, una studentessa ha scritto. Prima della lettura, ulteriori miei commenti sarebbero superflui.

Maurizio S.

Il tempo della corsa è come il tempo usato per muovere il cucchiaino nel caffè: serve a far addolcire la vita

Già solo il titolo lo trovo interessante, il resto lo lascio a voi. 

Queste sono le parole che Giulia, una studentessa ha scritto. Prima della lettura, ulteriori miei commenti sarebbero superflui.

Maurizio S.

Alex Zanardi, uomo che ha fatto dello sport la sua spinta per continuare a vivere più forte di prima, dice che: “La vita è come il caffè puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce devi far girare il cucchiaio. A star fermi non succede nulla”. Correre in salita è come girare quel cucchiaino serve a far addolcire la vita. Questo perché il percorso di ogni essere umano, a volte, può essere amaro; ed è solo chi quel percorso lo cammina quotidianamente, che può scegliere se mantenerlo con lo stesso sapore oppure cambiarlo per raggiungere l’armonia di gusto che soddisfa il proprio palato. Il tempo che si dedica alla corsa quindi, altro non è che il tempo dedicato alla ricerca di quell’equilibrio fisico e psichico che consente di vivere meglio con se stessi e con gli altri.

Il Cronometro

Quando si fa partire il cronometro dell’orologio, si rimane da soli: soli con il proprio silenzio, ma allo stesso tempo turbati dal rumore dei propri pensieri, che a volte invece di incoraggiare a continuare, vengono influenzati dalla fatica e dall’acido lattico e spingono la testa a mollare; soli con i propri limiti che rappresentano spesso muri troppo alti da varcare, ma solo perché non si è mai provato ad abbatterli; soli perché nessuno può spingere chi corre al traguardo se non il proprio io che deve aggrapparsi alle proprie forze, resistere, lottare ed essere determinato e convinto di potercela fare.

Per riuscire ad oltrepassare la linea dell’arrivo è fondamentale perciò dedicare il giusto tempo ad allenare il proprio corpo, educare la propria anima e imparare ad ascoltarsi per diventare così più forti e resilienti.

Il Piccolo Principe

Riassumerebbe tutto questo dicendo che: “E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto della tua rosa così importante”.

Per questo correre non è tempo solo dedicato a fare dell’attività fisica, ma è tempo dedicato alla cura della propria vita, perché in fondo come diceva “il re delle Alpi”, Walter Bonatti, “La montagna più alta rimane sempre dentro di noi” e se non si trova un modo per provare a scalarla non si riuscirà mai a scalarne nessuna altra.

Si usi perciò il tempo della vita per muoversi e per fare accadere qualcosa, esattamente come si fa girando il cucchiaino, perché in fondo diciamocelo a chi piace il caffè amaro!!!

Giulia C.

2022-02-24T16:21:39+01:0026 Maggio 2019|Categorie: Articoli|Tag: |

“LA FATICA NON É MAI SPRECATA”

La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni”

cit. Pietro Mennea

Silvia Serugeri, classe 1980, i punti dell’Esselunga, come dice lei, le hanno permesso di vincere la Coppia Italia CSEN nel Canicross categoria Senior Woman.

Costanza e perseveranza, le hanno permesso di essere davanti a tutte. Questo lo dico io.

Ma andiamo per gradi e proviamo ad indagare sulla vita di questa ‘giovane’ fanciulla:

Cos’è, o come descriveresti, il “canicross”?

Il canicross è una corsa campestre col cane, padrone e cane indossano attrezzatura specifica (imbrago da traino per il quadrupede, linea ammortizzata al posto del guinzaglio e cintura lombare per l’umano) e corrono in modo che il cane possa esercitare il traino. Nasce per allenare i cani da slitta in mancanza di neve e per addestrarli ai primi comandi per lavorare in muta e poi si evolve come disciplina sportiva in modo autonomo. Queste le definizioni tecniche.

Per me il canicross è un magnifico momento di condivisione con la mia cagnolina Maya, un modo per fare sport insieme all’aria aperta.

Raccontaci di come hai iniziato questa disciplina?

Tutto ha inizio dalle passeggiate nei boschi insieme alla mia bracca, lei corre, annusa, gira a velocità pazzesca e io cammino…un giorno sul nostro sentiero preferito inizio a correre, lei si inchioda, mi guarda, fa un sorriso a mille denti e si mette a correre accanto a me come se non aspettasse altro, felice che io finalmente abbia rotto il passo. Poco dopo scopro che esiste una disciplina cinofila che si sta affermando in Italia che si chiama appunto canicross e che permette di correre col cane in tutta sicurezza, siamo nel 2015, faccio uno stage, mi procuro l’attrezzatura ed iniziamo. Da quel momento è passato diverso tempo, gli allenamenti non sono stati costanti fino ad impegnarci un po’ di più a fine 2017 (nel frattempo io ho fatto qualche corsa trail e mi sono preparata prima per una mezza maratona e poi per una ecomaratona).

Chi è Maya?

Maya…Maya è la mia anima selvaggia, è la mia maestra di presenza nel “qui ed ora”, è la mia personal trainer…per le persone comuni è il mio cane. È una bracca tedesca, kuzhaar, di 5 anni, arrivata da me a 7 mesi dopo aver girato diverse famiglie. Era una cagnolina timida ed insicura con cui ho dovuto lavorare molto per darle fiducia nel mondo e nelle persone. Abbiamo fatto tante cose insieme appunto perché aveva bisogno di ampliare il suo ventaglio di esperienze; l’attività sportiva è stata fondamentale per la sua crescita fino ad arrivare ad essere perfettamente tranquilla in competizioni internazionali di alto livello con molti altri cani. Un cane timido ti costringe ad una profonda empatia per capire le sue esigenze e i suoi momenti di difficoltà, ti costringe a trovare strategie educative per aumentare il suo benessere emotivo e le sue competenze affinchè possa muoversi nel mondo con sicurezza e tranquillità. Tutte queste esperienze mi hanno portato a formarmi come educatore cinofilo per capire ancora meglio il “mondocane”.

Cane e uomo, come descriveresti questo binomio?

È un legame ancestrale, antichissimo. Uomo e cane si sono co-evoluti, da millenni camminano fianco a fianco. Questo legame si percepisce con una semplice passeggiata nel bosco dove i nostri sensi da cacciatore si amplificano e dove le gambe scalpitano per correre. L’essenza del binomio si sperimenta ogni volta che cane e uomo fanno qualcosa insieme, è più facile sentire questo legame quando il cane esprime il lavoro per cui è stato selezionato (caccia, conduzione bestiame, ecc…) oppure durante l’attività sportiva come il canicross (anche in tutte le altre discipline sportive che hanno come compagno il cane, ben inteso). È una magica trasformazione, si diventa un solo individuo a sei zampe, la comunicazione si riduce all’essenziale, ogni parte del corpo si muove con uno scopo e il cane ci “legge” come un libro e si comporta di conseguenza. La fatica diventa condivisa, il ritmo è unico, la linea che unisce va ben oltre alla materia della linea ammortizzata dell’attrezzatura, unisce due cuori e due cervelli verso uno scopo condiviso.

Correre insieme è faticoso perché il cane ovviamente va molto più veloce e bisogna far girare le gambe (no, non è comodo come pensano tutti quelli che mi fanno le battute per strada “Facile farsi tirare”), ma è anche un sacco divertente!

Come organizzi i tuoi allenamenti e, soprattutto, ti alleni sempre con Maya?

Io mi alleno almeno 3 volte a settimana (sotto le scudisciate del coach Maurizio), Maya la alleno un paio di volte a settimana con corse libera in bici o corse in montagna, quest’estate visto il gran caldo la facevo nuotare al lago. Non posso allenarmi sempre con Maya perché prima devo aumentare sulle mie velocità e resistenza, in modo da pesare meno durante la corsa con lei, e poi lavorare sulle sue; se corressimo sempre insieme io non migliorerei mai e lei non potrebbe mai raggiungere i suoi massimi picchi di velocità, sono quelli che la allenano!

Polonia 2018, cosa è successa in questa curiosa nazione?

Il 6 e 7 Ottobre abbiamo partecipato ai mondiali ICF di canicross. L’esperienza è stata fenomenale. Abbiamo potuto gareggiare accanto ad atleti di altissimo livello, ho visto dal vivo prestazioni che avevo potuto vedere solo su Youtube o su Facebook. Ho imparato tanto sulla gestione del cane dagli atleti esteri e dai compagni di squadra italiani.

Maya si è dimostrata una bracchetta con grande equilibrio e generosa, nonostante l’adrenalina, il casino degli altri cani, il pubblico, il caldo anomalo per la Polonia e per ottobre lei è stata perfetta. Nessuna incertezza, nessuna paura e tanta voglia di correre!

Un mondiale aspettato, considerando che pratichi questa disciplina da tantissimo tempo (guardate la mia faccia ironica)?

Più che aspettato direi sognato! Abbiamo iniziato con allenamenti costanti a fine 2017, da gennaio 2018 abbiamo iniziato la stagione di gare partecipando alle varie selettive e al Campionato Italiano a fine marzo. Siamo rientrate nella nazionale a pelo, con una sensazione di inadeguatezza quasi perché mi sentivo un po’ fuori posto accanto a persone più veloci di me. Fortunatamente Maya mi è venuta in aiuto…lei correva, non gliene fregava nulla di selezioni, tempi e altro…ho deciso così di scrollarmi di dosso l’inadeguatezza e allenarmi per arrivare ai Mondiali preparata, senza infortuni e al massimo della mia condizione fisica del momento. Sono stati mesi duri, caldo, doppi allenamenti (allenamento di Maya e allenamento mio), alimentazione di entrambe da curare, logistica da organizzare per una trasferta internazionale (documenti, vaccini, alloggio, attrezzatura) e poi…ad un anno esatto dalla rinuncia all’ecomaratona del 2017 per un infortunio siamo partite per questa bellissima avventura. La preparazione dei mesi precedenti ha avuto i suoi frutti, soprattutto sulla tranquillità di Maya e di conseguenza sulla mia. L’organizzazione di ogni particolare aiuta a non lasciare spazio all’ansia e a godersi la competizione.

La partenza del primo giorno di gara ha cancellato tutta la fatica in un secondo dopo lo start ed è stata solo emozione di essere presenti io e Maya ad un evento simile!

A quali gare parteciperai e quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

La nuova stagione di gare è alle porte, parteciperò ad alcune selettive e l’obiettivo è arrivare al top della forma per il Campionato Italiano di marzo 2019…dove prenderanno i tempi per la nuova nazionale.

Nel frattempo farò anche qualche gara del circuito Canicross UISP, si tratta di gare meno veloci, ma con salite e discese per cui impegnative sotto altri aspetti. Mi piacerebbe riuscire a partecipare al Trophee des Montagnes in Francia; quest’anno ho fatto solo tre dei dieci giorni di gare, esperienza bellissima anche qui che mi ha permesso di testare Maya nella confusione di altri cani scalpitanti e nella gestione delle discese a rotta di collo. Mi piacerebbe fare di tutto e di più, ma ho capito che è meglio selezionare le attività sennò si rischia di sovraccaricare la preparazione, devo poi sempre ricordarmi che non sono da sola e che il benessere di maya e la sua motivazione sono le cose più importanti.

Europeo ICF 2019[1], tempi duri si attendono… cosa ha reso più complicato il tutto?

Il livello delle “avversarie” è alto sia per la parte umana che per la parte canina (moltissimi sono i greyster, cani selezionati appositamente per questo sport), i criteri della selezione sembrano essere ben al di sopra delle mie possibilità.

Accettiamo la sfida e cercheremo di migliorare, il percorso sarà faticoso, ora si tratta di lavorare la velocità un pezzetto per volta per avvicinarsi il più possibile a quanto richiesto senza farsi male e senza spremere troppo Maya.

Ci racconti un aneddoto?

Ho parlato di allenamento del cane e di cura dell’alimentazione, beh se Maya potesse parlare direbbe che tra le due quella lenta e culona sono io e che lei può mangiare quel che le pare, tanto brucia tutto…visto che non può esprimere questo pensiero a parole lo esprime coi fatti.

Aprile 2017 dovevamo partecipare ad un Dog Trail domenicale di 17 km a Salice Terme, il giorno prima, presa da non so quale spirito culinario preparo una torta di mele enorme, la sforno e la lascio sui fornelli a riposare. Esco dieci minuti per non ricordo cosa, al rientro tutto normale, senonchè trovo in terra il coltello che avevo usato per staccare un po’ i bordi della torta dalla tortiera, mi domando che ci faccia in terra. Giro lo sguardo verso i fornelli e trovo la tortiera vuota, linda e pinta e perfettamente al suo posto. A quel punto guardo Maya che restituisce uno sguardo misto tra colpevolezza, sfida ed indifferenza dalla sua brandina. Insomma ‘sta disgraziata si era mangiata due kg di torta il giorno prima della gara, il mio pensiero era tutto per come sarebbe stata la sua pancia durante la competizione…

Beh, nessun problema, questa ha stomaco ed intestino di ferro, abbiamo finito il trail senza problemi ed abbiamo conquistato pure il podio, in modo assolutamente inusuale…ma questo merita un altro racconto!

Cosa fai per mantenerti?

Sono il Conservatore del Museo delle armi e della tradizione armiera di Gardone Val Trompia all’interno di Villa Mutti Bernardelli dove c’è anche la Biblioteca.

Sono archeologa medievista, ma ho abbandonato da tempo il lavoro sul campo e dal 2010 lavoro all’interno del Museo.

Maurizio S.


[1]Un anno verrà fatto un mondiale, un anno un europeo, per cui nel 2019 sarà un europeo.

2022-02-24T16:21:58+01:0015 Febbraio 2019|Categorie: Articoli|Tag: |
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